La città di Isernia ai piedi del SS. Sacramento

Volgono al termine le Sante Quarant’ore vissute dalle parrocchie della città pentra

LA CITTÀ DI ISERNIA AI PIEDI DEL SS. SACRAMENTO

Volgono al termine le Sante Quarant’ore vissute dalle parrocchie della città pentra

don Francesco Bovino

Tra le manifestazioni più sentite del culto eucaristico, restano ancora attuali le Sante Quarantore, una volta così diffuse e così solenni da costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo. Anche quest’anno le parrocchie della città di Isernia non hanno voluto venir meno al tanto atteso appuntamento con la preghiera adorante davanti al Santissimo Sacramento. Le ultime date previste dal programma si terranno da domani 8 aprile nella parrocchia periferica di Fragnete.  In queste settimane passate, dunque, le comunità parrocchiali della città si sono avvicendate in preghiera per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia secondo l’antica tradizione risalente al tardo Medioevo.  La tradizione più antica si richiama alle 40 ore che Nostro Signore passò nel sepolcro, e forse traggono la loro origine nell’adorazione che si faceva tra il Giovedì santo e il Venerdì Santo davanti alla reposizione del Sacramento, che appunto veniva erroneamente, chiamata Sepolcro. La simbologia del numero quaranta, tuttavia, nella tradizione delle Sacre Scritture, rappresenta un periodo di purificazione ed espiazione per condurre i fedeli al traguardo della salvezza. Quaranta è il numero della tribolazione e della prova, della penitenza e del digiuno, della preghiera e della punizione; quaranta giorni e quaranta notti durò il Diluvio Universale e Mosè sostò quaranta giorni sul Monte Sinai in attesa di ricevere la Legge.

A Roma le 40 ore ebbero un grande fautore in S. Filippo Neri, che le prese come una delle principali pratiche di devozione per la sua Confraternita, e la solenne festa esteriore con cui accompagnava la pratica contribuì a fare di lui il padre degli oratori musicali, che tanto decoro artistico diedero alla musica del tempo.
La storia dice che, durante i giorni della solenne esposizione, le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare. L’adorazione coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia. Per tre giorni si stabiliva quasi una tregua Dei perché «i violenti diventavano mansueti; i ladri restituivano il maltolto; i falsari diventavano onesti; i nemici si riconciliavano; la gioventù si innamorava di Dio e i sacerdoti non si allontanavano dall’altare e dai confessionali». E questo perché le Quarantore pian piano acquistarono lo stile, l’importanza e l’efficacia di una vera missione popolare, affidata a predicatori che le ritenevano un ottimo mezzo per preparare la predicazione più impegnativa, quella quaresimale, immancabile in tutte le chiese. Un tempo di grazia, quindi, che rinnovò la vita cristiana. Poi vennero le rivoluzioni politiche e sociali, con gli inevitabili cambiamenti: le città divennero più grandi e meno accoglienti; più industriali e meno religiose; più ricche materialmente e più povere di rapporti umani e di amicizia cristiana; più intellettuali, ma religiosamente meno preparate. Per quanti ancora oggi sentono la loro importanza, però, le Quarantore ci ricordano che Gesù è presente tra noi e per noi: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei secoli. non vi lascerò orfani. Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Sentiamo tutti il dovere di fare una visita a Gesù presente nell’Eucaristia, che sta lì, nell’ostia consacrata, chiamando, aspettando, accogliendo tutti noi così per come siamo, con le nostre fragilità, i nostri limiti, i bisogni, la sete di pace, serenità, gioia. Noi cristiani andiamo a trovare Gesù per implorare la sua benedizione sulle nostre famiglie, sugli anziani e ammalati, i giovani e i bambini. Molto più semplicemente sono un tempo di libertà che i cristiani possono prendersi per stare con sé stessi e con il Signore, magari riprendendo in mano la propria vita, confessando la propria fede dinanzi all’Eucaristia.