Un Parroco Santo, San Vincenzo Romano

Il clero della diocesi di Isernia-Venafro a Torre del Greco per pregare San Vincenzo Romano

Don Rocco Iannacone

Il nostro presbiterio, unito ad alcuni diaconi e ai seminaristi, il 14 luglio, in occasione dell’onomastico del Pastore mons. Camillo e dell’anniversario di sacerdozio di tre confratelli: don Remo Staffieri, don Domenico Veccia e fra Cosimo Vicedomini, si è riunito per celebrare tale ricorrenza con una giornata sacerdotale presso la Basilica Pontificia di Santa Croce in Torre del Greco dove è custodito il corpo mortale di San Vincenzo Romano. Ad accogliere i partecipanti è stato lo stesso parroco don Giosuè Lombardo che ha introdotto il gruppo con una profonda e spirituale riflessione sulla figura di San Vincenzo Romano. Ne ha tratteggiato un profilo storiografico fedele, esauriente sotto vari aspetti: umano, culturale, spirituale, pastorale, quanto mai attualissimo ai nostri giorni. Lo presenta come parroco che nella sua attività pastorale ha saputo coniugare cultura e fede, religiosità e spiritualità. Ha delineato un itinerario spirituale e pastorale tale da far comprendere l’esperienza di santità, con abbondanti riferimenti alla santità presbiterale, nel contesto storico e religioso della Chiesa locale. Il quadro in cui si svolge la sua vita, apre alla nostra mente varie questioni di grande interesse. Evidenzia quale sia stato l’influsso dell’ambiente sulla personalità di un santo e cosa egli riceve e assorbe dalla mentalità popolare che lo circonda. Il suo profilo di parroco diviene racconto del vissuto umano e religioso di una comunità. San Giovanni Paolo II dice di lui: “Si rimane impressionati dalla zelante azione pastorale che egli esercitò ininterrottamente per ben trentadue anni. Era occupato nella preghiera, nell’ascolto delle confessioni, nella visita agli ammalati, nello svolgimento delle pratiche familiari e sociali e nell’avvicinare persone lontane dalla fede per stimolarle alla conversione. Ripeteva ai suoi fedeli: ‘Fede viva, fede viva!’ E: ‘Fate bene il bene!’.  Fa riscoprire la tradizione religiosa della Chiesa locale ricca di santità, di carità e di intelligenza della fede, assumendo tratti e volto di una umanità viva. Si evidenziano così la bellezza e la verità della spiritualità sacerdotale. Santità e impegno pastorale e sociale diventano la sua ragione di vita, di un unico itinerario di fede. Intuisce che il presbitero deve essere santo per generare a sua volta santi. In Lui si riassume il vero profilo del sacerdote: vita di comunione ecclesiale e servizio pastorale alla luce del ministero della Parola, della grazia (l’Eucaristia), della carità fraterna e dell’amore a Maria. L’evangelizzazione fu la vera passione svolta in modo amorevole. Diceva: “Vorrei avere infiniti cuori che tutti ardessero del santo amore. Gesù è tutto mio e io sono tutto di Gesù, mi basta solo Gesù. Voglio amare solo Gesù e niente più voglio. Un sacerdote che non si esercita nella preghiera è un fantasma di ecclesiastico, un uomo grossolano, di vili affetti, un uomo curvo verso la terra che non è più in grado di alzarsi verso il cielo”.

Segue la Concelebrazione Eucaristica. Come omelia è stata data lettura del suo testamento spirituale, dove si evidenzia l’esortazione per i sacerdoti a vivere rapporti di vera carità fraterna. Si è avvertito fortemente che eravamo un cuor solo e un’anima sola e che in tutti c’era l’eco dell’esempio luminoso di questo santo parroco e l’impegno per un rinnovato cammino interiore e pastorale. E quest’unità si è resa ancora più espressiva presso il ristorante dove abbiamo condiviso un pranzo con vero spirito di fraternità, di presenza del Signore fra noi e di gioia.  Al termine il Vescovo ha ringraziato i presenti, in particolare i festeggiati, esortando tutti ad essere sempre un corpo solo, in grado di rispondere alle sfide del futuro stimolati dalla santità sacerdotale che santifica e fa santificare, alla luce dell’esempio luminoso di questo parroco santo.