Formazione permanente del Clero
La fragilità come risorsa nella vita sacerdotale
Incontro del clero diocesano con il Prof. Mario Becciu, docente di Psicologia della Prevenzione all’Università Pontificia Salesiana
di don Francesco Bovino
“La fragilità come risorsa nella vita sacerdotale”. E’ stato questo il tema dell’incontro di Formazione Permanente del clero isernino che si è tenuto martedì 12 novembre nel salone della parrocchia di “S. Giuseppe Lavoratore” ad Isernia. A presentare il delicato tema è stato invitato nella nostra diocesi il prof. Mario Becciu, docente di Psicologia della Prevenzione all’ Università Pontificia Salesiana, Presidente AIPRE (Ass. Italiana Psicologia Preventiva). Alla presenza di S.E. Mons. Camillo Cibotti e di tutti i sacerdoti e i religiosi della diocesi, il relatore ha presentato la sua riflessione riguardante una realtà a volte trascurata nella vita sacerdotale, ma che fa parte dell’esperienza quotidiana di ciascun prete: la fragilità.
Partendo dalla sua definizione in campo psicologico, filosofico e teologico, il prof. Becciu ha esposto con professionalità e chiarezza l’ampia gamma delle più frequenti fragilità nella vita dei consacrati proponendo al tempo stesso alcune vie sul come affrontarle e, in alcuni casi, sul come curarle. “Se la fragilità, infatti, fa parte dell’esperienza umana – ha affermato – nella vita di un sacerdote essa ha dei risvolti personali, sociali e pastorali che influiscono sulla sua azione apostolica e sul popolo ad esso affidato”. “Le aree inerenti alla fragilità umana – ha detto – riguardano la sfera affettiva, l’affermazione di sé, la relazionalità fino ad arrivare alla sfera della sessualità”.
Il relatore ha, quindi, sottolineato che anche se la fragilità ha molti aspetti negativi, essa possiede in sé una forza su cui poter lavorare sul piano psicologico. “La fragilità – ha concluso – non è un difetto, qualcosa di cui vergognarsi, ma è espressione della condizione umana; non è una mancanza di capacità emotive o razionali, né rappresenta un’eccezione o un’anomalia allo stato normale di salute, ma è un’esperienza ineludibile alla quale non possiamo sottrarci; non è un male da reprimere, ma una risorsa da sfruttare per accrescere la nostra saggezza, la nostra forza, la nostra capacità di resistere agli urti della vita”. Il punto di arrivo di un corretto percorso psicologico sulla fragilità deve giungere alla sua accettazione. “La migliore strategia di adattamento possibile è accettare questo piuttosto che contrastare: è ciò che filosofia e religione hanno fatto per millenni”.