Il volto di Cristo, volto di misericordia

La meditazione di Mons. Camillo Cibotti al clero diocesano in occasione del giovedì santo

di Don Francesco Bovino

“Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.” (Lc 4, 20). É iniziata con queste parole del vangelo la riflessione che Mons. Camillo Cibotti ha voluto condividere con il suo clero diocesano in occasione della Messa Crismale celebrata lo scorso Giovedì Santo. Un’omelia quasi interamente dedicata ai sacerdoti ai quali ha proposto una meditazione sul volto di Gesù. “Come i compaesani di Gesù – ha esordito – vogliamo fermarci a contemplare il Suo volto, sperimentando l’attesa di ogni anima assetata, desiderosa di essere saziata da quella sete di Dio che caratterizza particolarmente quest’epoca che stiamo vivendo”.

Il vescovo si è rivolto ai suoi presbiteri con l’intento di fornire loro alcuni punti di riflessione partendo proprio dal v. 20 del capitolo quarto di S. Luca e proponendo loro le sue suggestioni e riflessioni. Con alcune citazioni dei salmi, poi, il presule ha invitato tutti a fissare lo sguardo su Gesù, guardarlo e rimanerne estasiati. “Questo volto – ha detto – il volto di Gesù, è la nostra salvezza: il segno della partecipazione divina al mistero della nostra vita umana è il volto di Dio agli occhi degli uomini ed il volto degli uomini agli occhi di Dio. Di qui possiamo affermare che “Il cristianesimo è la religione dei volti”. “In realtà, – ha continuato – guardando il volto di Cristo non solo contempliamo il volto di Dio, ma possiamo anche ritrovare i lineamenti del nostro stesso volto e di quello di ogni uomo”. Il vescovo ha, quindi, continuato ad utilizzare la metafora del volto per sottolineare la relazione che siamo invitati ad intrattenere con Dio nel suo figlio Gesù, una relazione fatta di sguardi e di intensa comunione e allo stesso tempo, nel suo nome, di creare relazione con i nostri fratelli che sono il riflesso del suo volto. Come presbiteri, infatti, siamo chiamati ad essere il volto della misericordia di Dio e ad entrare in rapporto personale con il popolo che ci viene affidato per far trasparire nella storia la presenza del Signore. “È necessario – ha sottolineato il vescovo – specialmente in questo tempo che stiamo vivendo, conoscere e comprendere la storia delle persone che incontriamo. Dietro ogni domanda, dietro ogni aiuto invocato non c’è solo una persona, ma c’è tutta la storia di quella persona. Questo significa che anche la pastorale, se vuole raggiungere il suo obiettivo, non può ignorare il contesto nel quale vive ogni persona. La storia è in continua trasformazione, ma sembra che nelle nostre chiese non ce ne accorgiamo. Ci sono situazioni che fino a ieri non era possibile neanche immaginare e noi dobbiamo chiederci: qual è la dinamica della nostra pastorale? A volte l’impressione è che essa rimanga ancorata a vecchi modelli che, solo perché si sono rivelati efficaci nel passato, pensiamo debbano esserlo anche oggi”.

E ha, quindi, concluso esortando i sacerdoti ad “essere strumenti della misericordia di Dio. Piegarsi verso gli altri non è un atto di umiliazione, ma l’unico modo per far rialzare chi è di fronte a noi”.

In allegato il testo integrale dell’omelia [leggi]