Incontro del Clero

Identita’ e missione di San Giuseppe –

di don Rocco Iannacone –

Per il cammino di formazione permanente del clero, nell’ultimo incontro il Rev. P. Tullio Locatelli, Superiore Generale della Congregazione di San Giuseppe – Giuseppini del Murialdo- ha tenuto la sua riflessione sull’identità e missione di san Giuseppe alla luce della lettera apostolica “Patris Corde” di Papa Francesco.

Ha offerto una lettura scorrevole, con un parlare riflessivo e meditativo, e nello stesso tempo arricchente e profondo con spunti teologici e spirituali, con luminose indicazioni per un cammino personale.

Con un breve excursus storico e devozionale, riguardante il 150 anniversario della dichiarazione di san Giuseppe a patrono della Chiesa Universale (8-12-1870), introduce la sua figura con lo sguardo al Vangelo che lo presenta come padre, guida, e custode di Gesù, e lo avvia, insieme a Maria, a compiere l’opera di misericordia di Dio Padre. Lo presenta inserito nella promessa e nella benedizione davidica. Il suo ruolo nella storia della spiritualità è un’acquisizione, tutto sommato recente.

Dalla metà del XIX secolo con precedenti acquisizioni circa il suo ruolo emerge non tanto dai testi canonici, ma dagli apocrifi, si sviluppa una crescente devozione per la sua figura, invocato come difensore e custode della Chiesa nelle sue sfide e tribolazioni.

Papa Pio IX 150 anni fa, affida a san Giuseppe, custode di Gesù e Maria, la Chiesa in un momento delicatissimo della sua storia, ossia la caduta dello Stato Pontificio e lo proclama protettore della Chiesa Universale. Tale affidamento viene poi continuato dai suoi successori. Leone XIII davanti alle nuove minacce liberali e socialiste e le turbolenze presenti nel mondo del lavoro, continua a celebrare la figura di san Giuseppe come sposo e lavoratore. Sintetizza che il ruolo di San Giuseppe: “fu ad un tempo legittimo, naturale custode, capo e difensore della Divina famiglia”.

Pio XII lo presenta come padre putativo. San Giovanni Paolo II nel 1989 per rilanciare la devozione verso San Giuseppe raccoglie nuovi spunti di riflessione con l’Esortazione Apostolica “Redemptoris Custos”. Caratterizza il suo apprezzamento per la figura e il compito di Giuseppe nella storia della salvezza, il suo coinvolgimento nella missione del Redentore e gli inizi della sua infanzia in cui è stato il protagonista. Fa presente che nella economia della salvezza, Dio si affida a persone concrete e che la teologia della storia ha come protagonisti gli umili, e che l’uomo che viene chiamato a collaborare, ha sempre davanti l’ “oltre” di Dio. Il significato e il protagonismo di san Giuseppe, uniti ad alcuni orizzonti che ne definiscono la sua figura, vengono raccolti attorno a vari quadri.

C’è un primo orizzonte in cui emerge il suo coinvolgimento con il mistero della Redenzione. È protagonista della storia di salvezza. Così, quanto si dice di Maria, ricade sulla figura di Giuseppe. Egli presta un servizio paterno, richiamato dalla sua obbedienza e adesione alla volontà di Dio. La sua vera obbedienza non è consistita nel “fare la volontà di Dio” ma nell’assumere “in toto” il progetto di Dio. E’ certamente un forte insegnamento questo per l’oggi della Chiesa e anche nostro personale. Il dubbio riguardo all’evento non è di Maria, ma si riferisce a lui: Giuseppe è esempio di vero discernimento, è così il padre nell’obbedienza.

Altro orizzonte significativo, in considerazione anche del tempo di pandemia, è che Giuseppe è modello di padre dal coraggio creativo. Emerge la sua paternità, capace di infondere speranza e fiducia al nostro tempo, carente di una fede adulta e di figli che sembrano orfani di padre, con la necessità, che il mondo ha bisogno di padri, e non di padroni. In maniera sintetica, P. Tullio, evidenzia alcuni punti di particolare necessità spirituale che rendono attraente la figura di Giuseppe. Tutta la sua vita è stata una continua risposta obbediente alla volontà del Padre, nei momenti drammatici, di fronte alle grandi scelte e nella ordinarietà della vita. Si rende conto che Dio ha bisogno di lui e la sua vocazione diventa “vocazione nella vocazione”, dove la prima è quella al matrimonio e alla famiglia, mentre la seconda, più impegnativa, è quella di essere veramente padre di Gesù e sposo di Maria. Si lascia sconvolgere, lascia fare a Dio, si fida non solo di Maria ma anche di quello che Dio chiamava entrambi a collaborare all’opera della Redenzione.

San Giuseppe è indicato come un Santo dei nostri giorni con un messaggio di virtù evangeliche adatto ai nostri tempi. “E’ il Santo del silenzio, di lui nel Vangelo, non c’è una sola parola. Ciò spiega perché è stato il custode della Parola, perché ha custodito nel suo cuore la chiamata ad essere padre terreno di Gesù, inoltre è custode di Gesù Verbo del Padre a lui affidato; custode delle parole che Gesù ha rivolto a Maria e a Lui. Custodisce nel cuore le parole più segrete, più intime: quelle parole che nella vita veramente contano e danno senso a significato”.

Fra questi il più attuale riguarda la paternità in San Giuseppe. San Paolo VI osserva che la sua paternità si è esplicata “nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio al Mistero e alla missione Redentrice che ne è conseguita”. Più che figura autoritaria e ingombrante, presenta Giuseppe come modello di nascondimento, accoglienza, sostegno, incoraggiamento e tenerezza.  Evidenzia così che la vera forza non nasce dall’autoritarismo, ma da tenerezza e autorevolezza. Il vero padre sa responsabilmente educare, sa introdurre il figlio alle esperienze della vita che lo rendono capace di scelte, di libertà e di “partenze”.

Il ruolo genitoriale è un’arte faticosa.” Giuseppe ha tenerezza per la fragilità, sa far posto, nella sua vita, all’altro, sino a rivedere la sua vita nella vita dell’altro. Sa fare spazio e si rende accogliente nella sua vita verso Maria e il bambino”. All’accoglienza paterna unisce una paternità creativa, capace di saper inventare nuove soluzioni difronte alle situazioni sconosciute. Esprime una paternità laboriosa, operosa e povera che lo rende imitatore di quella affidata ad Adamo, cioè quella di essere collaboratore di Dio, partecipe dell’opera stessa della salvezza. Il lavoro è fonte di identità. Il “tutto” viene espresso con l’immagine dell’ombra che definisce la sua figura nei confronti di Gesù: lo protegge, e non si stacca mai da Lui, per seguire i suoi passi.

L’appellativo di castissimo sintetizza non solo una qualità affettiva, ma il suo atteggiamento di non possesso, in quanto, la castità è libertà da possesso in tutti gli ambiti della vita.

“Solo quando l’amore è casto è veramente amore e la logica dell’amore è sempre logica di libertà. Si è decentrato per mettere al centro della sua vita Maria e Gesù”. L’amore libero rende felice e la felicità è vera, se è nella logica del dono di sé e non del sacrificio e del possesso. È un dono.

La paternità è una vocazione che nasce dal dono di sé, che con la sua maturazione del sacrificio, diventa segno della bellezza e della gioia. Giuseppe realizza la sua vocazione di sposo, di padre, e di custode alla luce dei “sì” pronunciati nei momenti principali della vita: “sì” per accettare il “reale”; “sì” nella fede, “sì” alla vita, “sì” al servizio, “sì” al silenzio, “si” al discepolato e alla propria vocazione. E’ l’uomo dalla vita interiore, credente, pratico, pio, obbediente ma concreto. La sua esistenza è determinata dal primato della vita interiore.

E’ l’uomo contemplativo del mistero di Gesù, uomo del silenzio e custode della Parola con un servizio dedicato tutto al progetto di Dio, uomo di comunione e di relazione.

Oggi il suo patrocinio è necessario invocarlo, da parte della Chiesa, non solo a sua difesa, ma per un rinnovato impegno di evangelizzazione nel mondo e di urgente ri-evangelizzazione personale, specialmente nelle nazioni nelle quali la religione e la vita cristiana sono messe a dura prova.