La VI edizione del Corso a San Vincenzo al Volturno attraverso gli occhi dei protagonisti
Dal 15 al 19 luglio 2025, l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno si è trasformata, ancora una volta, in un vero e proprio “laboratorio sonoro”, dove passato e presente sembrano essersi dati appuntamento. A raccontare l’esperienza sono stati i docenti e i relatori intervenuti, che, a distanza di qualche settimana, hanno voluto condividere le proprie impressioni. Marta Guassardo – da due edizioni, docente di Vocalità e di Canto – nei giorni del Corso, ha voluto rendere partecipi i numerosi followers che la seguono sui suoi canali social. «Mi hanno scritto in molti, dicendo di essere stati toccati da ciò che vedevano e che ascoltavano» – racconta Guassardo – «è come se quelle melodie avessero rappresentato un’oasi in mezzo al rumore, un tempo per rallentare, respirare e immergersi in una bellezza autentica». I contenuti da lei pubblicati su Instagram, oltretutto, hanno svelato anche il clima partecipativo e la vivacità creatasi nei momenti più informali. Probabilmente, il segreto della notorietà di questa offerta formativa sta nella capacità di raggiungere, attraverso diversi linguaggi, un pubblico ampio e variegato. Eppure, organizzare un Corso di canto gregoriano all’Abbazia di San Vincenzo al Volturno sembrava una sfida non da poco. Don Nicola Bellinazzo, docente fin dalla prima edizione, ricorda: «eravamo titubanti e senza sapere quale sarebbe stata la risposta. Invece, ogni anno arrivano nuovi corsisti. Considerate le possibilità logistiche, possiamo dire di aver raggiunto il limite di accoglienza, riempiendo ogni posto disponibile». Per Bellinazzo, sono risultati vincenti l’ampiezza del percorso didattico e le modalità con cui i corsisti vengono coinvolti e sollecitati. Marco Di Lenola, responsabile della didattica, evidenzia l’importanza di aver raggiunto una programmazione coerente e dinamica: «il nostro obiettivo è rendere il Corso interessante sia a chi vi si avvicina per la prima volta al canto gregoriano, sia a chi possiede già esperienze pregresse. Trovare un equilibrio tra competenze e sensibilità differenti è una sfida che ci spinge a migliorarci di anno in anno». Dello stesso parere è Don René Hernández Vélez: «fin da quando insegno a San Vincenzo (ndr. dalla seconda edizione) ho cercato di dedicare attenzione a tutti i corsisti, in particolare a chi non aveva molte conoscenze di base». «Quello che si deve tener presente» – prosegue Hernández – «è che il nostro Corso contribuisce a riaffermare il legame tra il canto gregoriano e la liturgia, per questo motivo non basta studiarlo, ma occorre viverlo per comprenderne la logica e coglierne l’essenza». Negli ultimi anni, al tavolo dei relatori, si sono avvicendate personalità di fama nazionale e internazionale. Quest’apertura ha contribuito ulteriormente a consolidare la visibilità del Corso, stimolando il confronto tra diverse scuole di pensiero e arricchendo ulteriormente l’esperienza formativa. Franz Karl Prassl – in quest’ultima edizione ha approfondito il discorso sulla modalità, una disciplina complessa basata sull’analisi strutturale delle melodie – si è detto sorpreso dall’organizzazione e dall’atmosfera di San Vincenzo al Volturno. Anche Dominique Crochu, cofondatore con Dominique Gatté di Musicologie Médiévale, ha offerto un suo contributo, proponendo una lettura “architettonica” della modalità basata sulle formule melodiche arcaiche. Secondo Pasquale Tripepi, uno dei punti di forza è la trasversalità con la quale vengono trattate le diverse argomentazioni, che spaziano fino a prospettive innovative come l’analisi neuroscientifica. Egli osserva che questa lettura ha trovato terreno fertile «in un’esperienza didattica capace di intercettare il bisogno di contatto profondo con sé stessi, stimolato proprio dal canto gregoriano». Al di là delle impressioni riportate, è da evidenziare il fatto che qui si voglia collocare il canto gregoriano nel suo contesto più autentico e naturale, sottraendolo a sterili contrapposizioni teoriche e orientandolo verso la sua funzionalità. Secondo l’Abate di Montecassino Padre Luca Fallica, l’interesse per il gregoriano sarebbe fondato «non soltanto sulla sua bellezza estetico-musicale», ma «sul suo essere espressione della tradizione liturgica e sul suo rimanere totalmente a servizio della celebrazione. È tutt’altra cosa ascoltare un’esecuzione di un complesso vocale nella sala di un teatro, per quanto tecnicamente e filologicamente perfetta, oppure quella di un gruppo di cantori che animano una celebrazione eucaristica o il canto di un vespro. Quest’ultima, sarà un’esecuzione meno perfetta della prima, eppure rimane più emozionante e coinvolgente. Forse anche per questo il Corso che si svolge a San Vicenzo al Volturno riscuote un vasto numero di adesioni, in quanto avviene nel contesto di una comunità monastica benedettina che prega e che celebra». Per Padre Fallica, «questa esperienza parla anche a chi non è pienamente partecipe alla vita ecclesiale, probabilmente, perché tratta un’espressione musicale che tende verso un oltre rispetto alla vita quotidiana e ordinaria». Sulla stessa linea si pone la riflessione della comunità di San Vincenzo al Volturno, per la quale il Corso rappresenta «un’occasione di approfondimento di ciò che è alla base della vita monastica, ovvero la liturgia» ed equivale a «fare un tuffo nel passato per scoprire le ricchezze nascoste nella tradizione della Chiesa e per riappropriarsi in modo più consapevole di gesti, simboli e parole sempre attuali». Anche per questi motivi, il professor Nicola Tangari è stato chiamato ad approfondire il discorso sul repertorio e sulle fonti del canto liturgico medievale nell’Italia centro-meridionale, lasciando intuire l’influenza esercitata dall’Abbazia di San Vincenzo al Volturno sulla prassi liturgico-musicale dell’epoca. Infine, Suor Elena Massimi ha volturo condividere un ulteriore aspetto di interesse: «se da una parte il Corso mette in luce l’importanza del gregoriano per la liturgia post-conciliare, mostrandone tutta la bellezza e la forza, dall’altra non lo assolutizza. I partecipanti, infatti, colgono il giusto significato di una visione ecclesiale sempre aperta a nuove composizioni musicali che si affiancano al canto gregoriano, senza escluderlo mai». Degno di nota è il plauso di Antonio Colasurdo, il quale ha definito il Corso «una realtà che merita di essere consolidata e portata avanti a beneficio non solo degli studiosi, ma dell’intera comunità». Per suggellare tutte queste testimonianze, è utile citare le parole del Vescovo di Isernia-Venafro e di Trivento Monsignor Camillo Cibotti rivolte ai corsisti nel momento dei saluti finali. Egli ha sottolineato come il canto gregoriano nel suo essere, al contempo, un linguaggio antico e nuovo diventi un “ponte” tra la storia, la cultura e le persone. Una prova tangibile di tutte queste espressioni si è avuta quando il canto e l’accompagnamento della Celebrazione eucaristica conclusiva hanno elevato la musica a preghiera. L’eco di quelle voci ha confermato come il canto gregoriano non rappresenti soltanto il passato, piuttosto, è un linguaggio vivo e capace di parlare tutt’oggi, persino sui social network.
A cura di
Commissione per la liturgia, la musica e l’arte sacra Diocesi di Isernia-Venafro