Un ricordo di Monsignor Gemma a cinque anni dalla sua scomparsa (2 settembre 2019 – 2 settembre 2024)
di Marco Fusco
«Se Monsignor Andrea Gemma fosse ancora in mezzo a noi, di certo scenderebbe in mezzo alla gente per dire no all’Autonomia Differenziata:» un carissimo confratello degli orionini (di stanza a Roma ma che a Isernia collaborò con monsignor Gemma) ha voluto così ricordarmi lo spessore del Vescovo Gemma, di cui sono stato addetto stampa. Sottoscrivo questo pensiero, perché monsignor Gemma, nel suo ministero pastorale nella Diocesi di Isernia-Venafro, dal 1991 al 2006, è stato un Pastore dei deboli, nelle sue battaglie per una politica degna, per i diritti delle genti più indifese, capace addirittura di “girare” le spalle, in una manifestazione pubblica, alla Seconda Carica dello Stato. Il suo è stato il “Ministero della Parola” senza pari, con quella sua grande voglia di comunicare attraverso le sue parole principi di universale saggezza, insegnamenti senza tempo che diventavano una fonte formidabile per tutti, soprattutto per chi ha avuto la fortuna di averlo come amico e guida spirituale. Rispondeva sempre a tutti senza imbarazzo con la sua nota serenità attraverso la quale svelava l’innocenza del suo spirito di Pastore fedele a Dio e all’uomo. Un Vescovo che fece il suo ingresso in Diocesi( 2 febbraio 1991) dopo aver trascorso un’intera giornata a Castel Petroso a pregare. Un Vescovo che fece il suo ingresso in Diocesi, iniziando ad Isernia una vera e propria rivoluzione d’amore e di speranza per una città stravolta agli inizi degli anni novanta, dall’indifferenza e da una classe politica che la imbavagliava. Pastore “scomodo” e per questo un dono per tutti, forse un dono scomodo per alcuni notabili, ma certamente un dono profetico. Con la sua vena profetica era sempre capace di “avvertire l’altro”, di indicare strade nuove e difficili, di parlare con chiarezza e coraggio, e per questo straordinariamente capace di farsi amico, mai schiavo, mai giudice sterile. Con l’avvento di monsignor Gemma a Isernia, arriva una ventata di rinnovamento, una fioritura di vocazioni, e poi il suo costante riferimento a san Orione con la sua attenzione per gli ultimi, le sue innumerevoli battaglie sociali e civili per dare voce al diritto di essere uomini e donne, la sua partecipazione alla disperazione dei disoccupati, il suo scendere in piazza ovunque il bisogno lo chiamasse. Con monsignor Gemma il Vangelo diventava cultura di frontiera, cultura di emergenza, cultura di pronto soccorso. Per soccorrere le vittime delle violenze, sia morali che materiali, della burocrazia, dei soprusi. Per sconfiggere il perbenismo di una cultura dissacrante della persona umana. Non agiva per plauso, per interesse immediato e non temeva affatto di farsi dei nemici, perché, come disse nell’omelia introduttiva del suo ministero, sarebbe stato «amico di tutti, servo unicamente di Cristo.» A chi gli chiedeva di fare un bilancio del suo ministero, monsignor Gemma, rispondeva co parole che disarmavano l’interlocutore: «Dinanzi a Dio, posso dire di non essermi risparmiato in quanto mi è sembrato potesse giovare alla mia chiesa e ai fedeli a me affidati. Ma anche a questo riguardo soccorre la chiara parola di Gesù che afferma:-“Quando avrete fatto tutto quanto vi è stato ordinato dite: siamo servi inutili1(Lc 17,10)”.» E alla domande “rifarebbe quello che ha fatto, se potesse tornare indietro?, anche qui viene fuori tutta la sua grandezza di Uomo di Dio: «Se tornassi indietro non terrei chiusa la bocca o ferma la penna. Più chiuso il cuore, un poco solo, e la porta…questo forse sì, lo farei. Avrei evitato l’amarezza di vedermi adoperato e strumentalizzato.» Monsignor Gemma uomo di cultura: sì, proprio così! Il direttore dei media vaticani e vicinissimo a Papa Francesco, Andrea Tornielli, ospite di monsignor Gemma in una conferenza dal titolo “Giornalismo autentico” tenutosi il 1 febbraio 2003 a Isernia, ebbe a scrivere del presule: «L’Annuncio del vangelo, l’annuncio di Gesù incarnato, morto e risorto per noi, riproposto senza sconti e senza fronzoli in ogni circostanza della vita e della storia, compreso nell’ambito sociale e politico: se non si comprende questa radice unica, vera e fondante, non si capisce il perché di tanti puntuali interventi e di tante “battaglie” di monsignor Gemma. Non si capisce l’origine dell’attenzione agli ultimi, la capacità di essere vicino alla gente, in special modo a chi soffre, ma anche la capacità di dire senza peli sulla lingua e senza giri di parole, la verità. La verità sull’uomo, sulla sua dignità, sul suo destino. Quanto più un Pastore comprende che l’unico grande compito della sua vita, l’unica grande vocazione, l’unica possibilità di felicità e di realizzazione è quella di seguire Gesù e testimoniarlo in ogni circostanza della sua vita, tanto più diventa capace di penetrare la realtà in ogni aspetto, non potendo ritenere “estraneo” a sé nulla di ciò che è umano. E bisogna essere grati al vescovo Gemma, perché, lontano anni luce dallo stile dell’ecclesialese, cioè da quel linguaggio stereotipato, astratto e fumoso degli “esperti” di cose ecclesiali, ci offre questo “dizionario dell’uomo ingenuo”, affrontando in modo schietto e diretto argomenti scomodi o dimenticati, avendo come unico riferimento Gesù e il suo vangelo.» A noi che eravamo i suoi collaboratori, amava sempre ripetere che “lui si sentiva un uomo ingenuo” e si definiva così: : «Sono ingenuo perché nato, cresciuto, vissuto da vero uomo libero, libero di pensare, libero di parlare, libero di agire, soprattutto dopo la liberazione regalatami da Cristo, libero di fare il bene, libero di ripagare il male col bene, libero di dominare col perdono ed il sorriso, il furbo disonesto che ti ha ingannato, libero di guardare in faccia al calunniatore e, magari, costringerlo ad abbassare lo sguardo, libero, in una parola, di essere me stesso sempre. Davvero mi sento “ingenuo.” Questo è l’uomo ingenuo: è proprio per questo egli ha autorevolezza- si noti non l’autorità- di dire pane al pane vino al vino, di esprimere, senza paura e senza dismissioni d’animo, i suoi pensieri anche se sconcertanti e, purtroppo, insopportabili per la maggioranza dei progrediti. Amici miei io sono e voglio essere “ingenuo.” E voi?» Una lezione sempre attuale quella del Vescovo Gemma, una lezione senza tempo che diventa tonificante operazione per chi ha sete di giustizia, di verità, di pace autentica. Grazie Monsignor Gemma, grazie per tutto quello che ci ha lasciato, perché la nostra chiesa con lei Monsignor Gemma continua a ripetere a chi non lo sapesse o non volesse saperlo ed accettarlo con l’antichissimo poeta: ”Homo sum: umani nihil a me alienum puto(Publio Terenzio Afro)”. Composta di uomini, inserita fra gli uomini, incarnata nella loro vita e nelle loro vicende, la Chiesa di Gesù nulla ritiene a sé estraneo di ciò che veramente riguarda il bene dell’uomo, la sua vita, i suoi desideri legittimi, le sue aspirazioni, i suoi programmi, le mete del suo faticoso cammino. Lo sappia chiunque volesse ancora oggi e anche da noi, relegare la Chiesa nelle sacrestie e nei templi. Dalle sacrestie e dai templi, grazie all’insegnamento perenne di monsignor Gemma, usciremo sempre, con la voce, con le opere, con le idee soprattutto, a restituire vita e respiro e speranza a questa nostra terra che amiamo.
Grazie monsignor Gemma per averci insegnato ad amare Gesù con il motto di San Orione:” Fare del bene sempre, fare del bene a tutti, del male mai a nessuno.”